Elio è un giovane sognatore, maldestro e ingenuo, ma con un talento straordinario per la pittura, che però, nel mondo contadino della Val d’Orcia di inizio Novecento, sembra solo una pericolosa mancanza di quel senso pratico che la miseria esige. Suo fratello maggiore, Cordevole, è invece un tipo pragmatico e autoritario che, ricorrendo alla violenza, proverà a plasmare Elio secondo le proprie esigenze. Reinventando una storia vera, il romanzo narra la vicenda di un uomo semplice con un dono eccezionale, grazie al quale, nell’ora più buia della storia dell’umanità, accenderà un’inconsapevole luce di speranza. Ferro e ruggine, ambientato tra le colline della Val D’Orcia, le dune dell’Africa del Nord e le scogliere delle isole Orcadi, unisce romanzo di formazione e saga familiare, attraversando un secolo pieno di contraddizioni e atrocità, ma qui volutamente narrato con candore, ironia e poesia.
Proposto da Roberta Mazzanti al Premio Strega 2025 con la seguente motivazione:
«Ferro e ruggine coinvolge con grazia incalzante nelle peripezie di un “talentuoso bifolco”, tra gli stenti quotidiani del tempo di pace e le solidarietà preziose del tempo di guerra. Dalla Val d’Orcia “aspra e sinuosa” con i suoi campi simili a un mare giallo di spighe, dove i mezzadri “dovevano nuotare con forza, perizia e sudore” per sfuggire il “recinto magro della fame”, fino al gelido e scuro Mare del Nord si dipanano le vicende di Elio Marmugi detto Torsolo e di suo fratello Cordevole, detto Troncoduro. I nomi stessi dei due fratelli ne rivelano i caratteri e i destini: se Cordevole, il maggiore, “secco come un uscio e un’energia addosso da far invidia a un motore a vapore” è votato a mandare avanti il podere che sostiene la famiglia, Elio ha preso nome dal sole e perciò è destinato a star più vicino alle nuvole che alla terra. Svagato, paffuto e “morbido come un panetto di burro”, il bambino inadatto al lavoro dei campi è invece graziato da un innato e straordinario talento di disegnatore e pittore, che sbalordisce i compaesani e irrita il fratello; una vocazione precoce che, tarpata dalla miseria contadina, rischia di marcire in una fissazione che lo farà quasi ammattire. Per togliere dalla testa e dalle mani d’artista di Elio le “strullerie” e costringerlo a lavorare la terra, l’animoso Cordevole ricorre a metodi brutali: l’ostilità tra i due fratelli si trasforma in una ruggine dannosa che li spinge a gesti estremi, finché il mite Elio per disperazione si arruola nella Milizia e viene spedito in Libia a fare la guerra. In quell’ambiente di “polvere e rocce sparse, di arbusti volteggianti, di vento caldo, di poca acqua, di insetti sparsi, di cieli tersi”, lo smarrito ragazzo incontra per la prima volta la morte “a chili, anzi a quintali”, in un deserto dove “erano i vivi a essere strani e non i morti”. Là viene fatto prigioniero dagli inglesi per poi finire dopo un’interminabile navigazione in un campo di detenzione alle Orcadi. Sarà in questo luogo desolato, dove i prigionieri si sfiancano nel lavoro forzato, che Elio avrà l’inaspettata sorte di realizzare un capolavoro, affrescando una cappella eretta dagli italiani per volere di un maggiore inglese innamorato dell’arte rinascimentale. Conosciuta come “il Miracolo del Campo 60”, la cappella sull’isolotto di Lamb Holm esiste davvero, ed è tuttora monumento nazionale. Intorno a questo spunto reale ma tanto insolito da apparire fantastico, Cosimo Calamini ha messo a frutto le sue qualità di scrittore e sceneggiatore, intessendo un romanzo nutrito di passioni contrastanti eppure compresenti – di amicizie virili e tenerezze represse, di ostilità furibonde e pazienti attese, di fughe improvvise e fedeltà inossidabili, di lacrime reticenti e corpi più espliciti delle parole, di amori devastanti e risanamenti dolorosi. Un romanzo dove i luoghi sono espressivi quanto e più delle persone che li abitano, dove i legami sono stretti soprattutto tra uomini ma le donne sanno come scambiare con i l